LA PAURA SI FA TASCABILE
la nomofobia e perchè tutti dovremmo temerla
Paura, questa parola di uso comune così come tutto il suo intero campo semantico non può non suscitare raccapriccio, terrore e orrore negli uomini. La sua essenza raggiunge l’apice quando si incarna nelle famigerate fobie: condizioni cliniche assai rare quanto terrificanti per chi ne soffre. Esse sono caratterizzate da una profonda paura verso un oggetto o una situazione molto specifica: c’è chi ha paura delle profondità marine, chi degli spazi stretti e chi dei clown; tra queste se ne aggiunge un’altra che è tanto terribile quanto può sembrare inoffensiva per chi la soffre, la nomofobia.
La nomofobia, abbreviazione di “no mobile fobia” o in termini clinici “sindrome da disconnessione” è la paura irrazionale di rimanere senza telefono e si manifesta sottoforma di una forte ansia legata all’idea di rimanere sconnessi dalla rete di telefonia mobile o dall’incapacità di separarsi dal proprio telefono cellulare.
Già da tempo gli smartphone non sono più impiegati solo per telefonare; infatti, essi sono strumenti multiuso e, quasi come un coltellino svizzero fatto di microchip, hanno in sé ogni funzione possibile e immaginabile: da quella di fotocamera a quella di banca. Difatti, oggigiorno con gli smartphone oltre a scrivere mail è anche possibile votare e svolgere la burocrazia quotidiana, a tal punto che i cellulari si potrebbero definire come strumenti essenziali nella nostra vita quotidiana.
Di conseguenza, molte persone non riescono a concepire l’idea di staccarsi dal proprio smartphone fino a soffrire di ansia in sua assenza.
Ciò è dimostrato da una sondaggio somministrato nel 2008 su un campione di 2163 persone da parte dell’ente di ricerca britannico YouGov su commissione di Post Office Telecom: più di sei ragazzi su dieci, di età compresa tra i 18 e i 29 anni, vanno a letto con il telefono e oltre il 53% del campione tende a manifestare stati d’ansia non solo in assenza del cellulare ma anche qualora la batteria e il credito dei messaggi fossero esauriti. Interessante notare che gli uomini tenderebbero a cedere più facilmente all’ansia rispetto alle donne: infatti il 58% del campione mostrava i sintomi sopra indicati rispetto al 48% del campione femminile.
Se questi dati estrapolati da una popolazione adulta risultano preoccupanti, vi basti pensare che tra i nativi digitali, ovvero i giovani che hanno un contatto precoce con le nuove tecnologie fin dalla tenera età, si potrebbero sviluppare rischi ben maggiori della semplice nomofobia: ovvero il rischio di cadere vittima di una dipendenza pari a quelle da sostanze come alcool, fumo e droghe.
Difatti, il dottor David Greenfield, docente di psichiatria all’ Università del Connecticut, afferma che l’attaccamento allo smartphone potrebbe diventare causa di interferenze nella produzione di dopamina.
Per chi non lo sapesse, la dopamina è il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa, essa entra in gioco quando in seguito a una determinata azione proviamo piacere e gratificazione e ciò ci condiziona a ripeterla. Questo avviene perché il cervello apprende che una certa azione produce una ricompensa.
Questo meccanismo è alla base delle dipendenze più comuni (dalle tossicodipendenze alle dipendenze comportamentali come il disturbo da gioco d’azzardo) ma non tutti sono a conoscenza del fatto che ogni volta che riceviamo una notifica sul cellulare sale il nostro livello di dopamina. Perciò, si può sostenere che il telefono agisce su noi umani come una vera e propria droga, una droga che ci tenta con effimere soddisfazioni, con il suono delle notifiche e con il mondo a portata di mano che ci offre.
Per nostra opinione bisognerebbe astenersi dal dare uno smartphone a dei ragazzini piccoli, specialmente se privi di un’educazione sulle modalità di utilizzo e sui vari rischi per la salute che comporta l’abuso di essi.
E in primis, dovrebbero essere gli stessi genitori ad essere educati o quantomeno informati sull’utilizzo corretto dei dispositivi tecnologici e porre attenzione alla quantità di tempo che loro stessi impiegano a utilizzarli.
Perché oggigiorno i cellulari sono strumenti essenziali e nonostante la loro influenza sul fruitore non sia sempre delle migliori, essi possiedono anche altrettanti lati positivi e potenzialità per lo sviluppo e la crescita dell’individuo.
Già a partire da quattro o cinque anni molti bambini hanno entrano in contatto con queste tecnologie e per questo motivo, l’educazione sull’argomento che viene impartita alle medie secondo noi arriva tardi rispetto all’età in cui vi è maggiore necessità. Di conseguenza, ove la scuola non è presente, spetta alla famiglia ricoprire questa necessità pedagogica tramite l’esercizio di buone abitudini atte a dare il buon esempio e il dialogo con il bambino.
Così facendo, sarebbe possibile per i giovani crescere sviluppando un rapporto sano con queste tecnologie: un rapporto in cui si è padroni consapevoli di esse e non alla loro mercè.
Bibliografia:
“Nomofobia”, Cesare Guerreschi, CG editor, prima copia 2018
(18/5/2023)
https://www.stateofmind.it/nomofobia/
(18/5/2023)
(18/5/2023)
Articolo scritto da Alessandra Leka e Leo Carlino, studenti del quarto anno del Liceo delle Scienze Umane Pascoli, stagisti PCTO presso Siipac.