La cultura del gioco, il gioco come cultura
Il contributo del presidente del Siipac (Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive), Cesare Guerreschi, sul tema della cultura del gioco.
Scritto da Cesare Guerreschi (Siipac)
Gioco (dal latino iŏcus, “scherzo, burla”, poi “gioco”) si riferisce letteralmente a qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive.
La letteratura rappresenta il gioco come lo strumento principale che accompagna la crescita e lo sviluppo del bambino: il normale sviluppo delle capacità umane è, infatti, strettamente collegato alla quantità e alla qualità dei giochi che gli uomini hanno la possibilità di attuare durante il loro sviluppo. Giocando il bambino può allenare la mente e il corpo, sviluppare la fantasia, imparare a socializzare e a comunicare in maniera efficace e adeguata sia con i coetanei che con gli adulti. Inoltre, nella contrapposizione tra gioco di fantasia e gioco regolato, si sottolinea come il rispetto della regola del gioco diventi fondamentale nella formazione morale del bambino.
La funzione del gioco non si esaurisce nell’età evolutiva, ma prosegue anche in quella adulta, in quanto anche l’adulto ha bisogno di momenti di evasione, rilassamento, confronto e arricchimento. Il gioco permette, inoltre, lo scambio immediato di cultura, informazioni e strategie tra le vecchie generazioni e le nuove, nonché tra diverse culture.
Dal punto di vista sociologico, Huizinga in “Homo Ludens” (1938) ha analizzato i caratteri fondamentali del gioco e dimostrato la sua importanza e il suo ruolo nello sviluppo stesso della civiltà. Roger Caillois ne “I gioci e gli uomini: la maschera e la vertigine” (1994) ha ripreso il lavoro di Huizinga definendo il gioco come un’attività libera, incerta e separata, ovvero circoscritta entro precisi limiti di tempo e spazio fissati in anticipo; improduttiva, regolata secondo regole diverse da quelle della vita normale e, infine, fittizia, in quanto nel gioco c’è consapevolezza di una realtà diversa da quella della vita normale.
Caillois distingue quattro categorie di giochi in base al principio ad esse sotteso, ovvero agon, che racchiude tutti quei giochi dove predomina il ruolo della competizione; alea, dove predomina il caso e la ricerca della fortuna; mimicry, caratterizzata dall’imitazione e infine ilinx, che racchiude tutti quei giochi che corrispondono alla ricerca di vertigine.
Ogni categoria è caratterizzata da un continuum che vede ad un estremo la paidia, improvvisa ed anarchica, mossa da un principio di divertimento e manifestazione spontanea dell’istinto di gioco e all’altro il ludus, caratterizzato dalla necessità di definire convenzioni arbitrarie e volutamente ostacolanti per rendere difficile il raggiungimento del risultato, che in sé è inutile. In questo modo il gioco diventa occasione di allenamento e porta a sviluppare abilità.
Non appena i giochi cominciano a differenziarsi nelle diverse categorie, comincia a comparire il ludus, ovvero il piacere che deriva dal superare una difficoltà creata di proposito.
Ogni civiltà, sviluppandosi, da vita a forme particolari di ludus, ad esempio quella industriale ha generato l’hobby.
I giochi entrano a far parte delle abitudini quotidiane e nelle loro manifestazioni contribuiscono a fornire alle diverse culture alcuni degli usi e delle istituzioni più facilmente identificabili, ad esempio lo sport (agon), le lotterie di stato o i Casinò (alea), il teatro d’opera o il carnevale (mimicry), il luna park e le sagre paesane (ilinx).
Come detto in precedenza, i principi dei giochi corrispondono a degli istinti potenti quali la competizione, la ricerca della fortuna, l’imitazione e la vertigine. Essendo il gioco un’attività separata, regolata e fittizia, in esso è insita la capacità di disciplinare gli istinti imponendo loro un’esistenza istituzionale: accordando agli impulsi un soddisfacimento formale e limitato, infatti, li educano e li rendono atti a contribuire positivamente ad arricchire e determinare gli stimoli delle culture.
La degenerazione del gioco, infatti, è il risultato dell’assenza di freno e protezione e si ha quando la barriera tra le regole ideali che lo caratterizzano e quelle confuse che caratterizzano l’esistenza quotidiana diventa sfumata.
Risulta evidente, quindi, come il destino delle culture si posso leggere anche nei giochi: dare precedenza ad una categoria rispetto alle altre e quindi al principio ad essa sottesa, contribuisce a definire l’avvenire di una civiltà. Citando Schiller, è come se dai giochi si potesse trarre una sorta di diagnosi che caratterizzi le diverse culture.
Articolo tratto da Gioconews: La cultura del gioco, il gioco come cultura