Disturbo da gioco d’azzardo
Il GAP, acronimo per il gioco d’azzardo compulsivo, è poco conosciuto sicuramente per il fatto di avere un’apparenza innocua, socialmente ben accettata e con profonde tradizioni popolari. In realtà, finché la sua pratica si mantiene nei termini di una tranquilla frequentazione, esso può svolgere un ruolo ricreativo e ludico assolutamente positivo. Pressanti problemi nascono quando, per una serie complessa e profonda di cause, il piacere del gioco diventa un impulso incontrollabile, patologico, che arriva a stravolgere i rapporti familiari, sociali, finanziari in una maniera forse ancora troppo sconosciuta nel nostro paese. Ma chi è il giocatore d’azzardo patologico? Nel corso della lunga esperienza maturata, il Dr. Cesare Guerreschi (“Giocati dal gioco”, Edizioni Kappa; 2000) ha ritenuto opportuno differenziare 6 macrocategorie di giocatori d’azzardo:
- Giocatori patologici per azione: sono persone che hanno perso il loro controllo sulla loro attività di gioco d’azzardo. Quest’ultima per loro, è la cosa più importante nella vita, poiché li mantiene in azione e quindi “vivi”. Le relazioni ed attività familiari, sociali e lavorative vengono influenzate negativamente dall’attività di gioco.
- Giocatori patologici per fuga: sono giocatori che trovano nell’attività di gioco sollievo da sensazioni di ansia, solitudine, rabbia o depressione. Usano il gioco d’azzardo per sfuggire da crisi o da difficoltà. In questo caso, il gioco ha un effetto “analgesico” e non una risposta euforica.
- Giocatori sociali costanti: per queste persone il gioco d’azzardo è la forma principale di relax e di divertimento, ma è in secondo piano rispetto alla famiglia e al lavoro.
- Giocatori sociali adeguati: queste persone giocano per passatempo, per socializzare e per divertimento. A questa categoria appartiene la maggioranza della popolazione adulta.
- Giocatori antisociali: coloro che si servono del gioco al fine di ottenere guadagni illegali.
- Giocatori professionisti: sono persone che giocano d’azzardo per professione e, considerandolo una professione si mantengono attraverso di esso.
Alle categorie dei giocatori patologici per azione e per fuga, appartengono le persone bisognose di aiuto psicologico e psichiatrico, chiamate anche vittime del gioco. Il loro è un mondo colmo di sofferenza, di bugie, debiti e disperazione. La scienza ufficiale ha riconosciuto il gioco d’azzardo patologico come disturbo mentale nel 1980. Il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, edito dall’American Psychiatric Association, ha incluso nella terza edizione dello stesso, il gioco d’azzardo patologico, definendolo come un impulso irresistibile e incontrollabile, che poteva progredire in intensità ed urgenza, consumando sempre più risorse di tempo, di energia di pensiero e di emozioni. I criteri diagnostici furono modellati su quelli delle tossicodipendenze ed includevano i concetti di tolleranza e astinenza.
Dipendenza da gioco d’azzardo – Ricerche e studi
Secondo vari studi compiuti oltreoceano, i tratti personologici individuati come fattori di rischio per contrarre il gioco d’azzardo patologico sono soprattutto la depressione, l’impulsività e la ricerca di sensazioni forti. I giocatori tendono ad assumere comportamenti disinibiti e manifestano un’avversione per le esperienze ripetitive di ogni tipo. Per loro, la vita quotidiana non offre un livello di stimolazione adeguato. Il gioco d’azzardo consente di modificare i loro livelli di arousal (attivazione) e quindi mettono in atto questo comportamento. Nel corso dello sviluppo della patologia i giocatori sperimentano tensione che si manifesta con sentimenti di ansia ed irritabilità quando non giocano; questo li spinge ad andare a giocare per trovare sollievo. Non siamo in possesso di dati statistici precisi sull’incidenza del Gioco d’Azzardo Patologico nella popolazione nelle diverse regioni; possiamo però fare una considerazione in merito, osservando la provenienza delle richieste che giungono al nostro Numero Verde, osserviamo come il fenomeno del gioco d’azzardo patologico sia diffuso in maniera omogenea e non presenti differenze legate alla provenienza e al contesto culturale.